A. d'Orsi u.a. (Hrsg.): Intellettuali

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Titel
Intellettuali. Storia preistoria e destino di una categoria


Herausgeber
d’Orsi, Angelo; Francesca Chiarotto
Erschienen
Torino 2010: Nino Aragno
Anzahl Seiten
633 p.
Preis
URL
Rezensiert für infoclio.ch und H-Soz-Kult von:
Daniel Lindenberg

Da quando gli intellettuali sono diventati un oggetto di ricerca molto frequentato dagli storici assistiamo grosso modo a due modi diversi di approcciare questo campo di studio. una concezione che potremmo definire «ristretta» insiste sulla rottura avvenuta alla fine del xIx secolo e ha come mito fondatore l’affare Dreyfus. un approccio piú totalizzante propone invece una storia degli intellettuali che si confonde quasi con quella del pensiero critico. Questo è il mainstream imperante un po’ ovunque. È altrettanto evidente che esiste un’eccezione italiana a questa regola, dovuta alla precocità di quello che Fernand Braudel definí a suo tempo il «modello italiano» nella lunga via europea alla modernità. Nel xIV secolo si sono manifestati in Toscana quelli che Hans Baron ha chiamato gli «umanisti civili». Quale preludio all’unità italiana ci fu poi nel xIx secolo il grande movimento del Risorgimento. Durante il «momento 1900» della filosofia italiana, Benedetto Croce e Giovanni Gentile si sono riferiti a questi illustri precedenti per giustificare la loro missione di coscienza della nazione.

Il loro discepolo Antonio Gramsci tentò una sintesi tra la lezione dei due e un marxismo liberamente reinterpretato. Nei Quaderni del carcere, resi noti soltanto dopo il 1945 in una versione filtrata dal leader comunista Palmiro Togliatti, Gramsci riconosce un ruolo primordiale agli «intellettuali», intesi come garanti tanto di qualsiasi ordine costituito quanto di ogni rivoluzione (o controrivoluzione) futura. Ciò consente al pensatore sardo di superare la contrapposizione tra visione «stretta» e visione «larga», o come lo dice egregiamente uno degli autori di questa raccolta di saggi, tra «intellettuali degli antichi» e «intellettuali dei moderni». Secondo Gramsci sono esistiti intellettuali «tradizionali» e intellettuali «critici» in tutte le società, il che non esclude una specificità moderna, in cui diventa centrale il rapporto tra intellettuali e movimenti popolari. Lettore di Sorel, Péguy, Rolland e Benda, Gramsci è lungi dal sottovalutare la svolta capitale che rappresenta l’affare Dreyfus con i suoi esiti francesi, ma non solo. Ciò spiega la fecondità dell’approccio gramsciano a sud delle Alpi, ben oltre l’area culturale comunista o marxista che esiste tuttora, ma il cui perimetro – lo si constata al primo colpo d’occhio – si è molto ristretto!

Ne è testimone il convegno, svoltosi cinque anni fa presso la Fondazione Luigi Salvatorelli, i cui con tributi sono riuniti in questo volume. Spiccano i riferimenti a Bourdieu e a Foucault, a scapito di altri che ci saremmo aspettati di trovare. Per esempio, in un contributo che tratta in modo pertinente il problema classico del passaggio dal letterato all’intellettuale moderno, non troviamo riferimenti ai lavori di un Paul Bénichou e al suo celebre «sacerdozio laico». Robert Darnton, del quale l’autore si avvale abbondantemente, ha effettivamente messo in luce i peoni dell’età dei Lumi («les gueux plumés») ma, poiché il convegno si iscriveva in una prospettiva genealogica, non sarebbe stato male avvalersi anche dell’apporto di Bénichou o di Albert Cassagne.

Sorvoliamo inoltre sull’assenza pressoché totale di contributi sulle Americhe e sull’Europa orientale, eccezion fatta per la presenza scontata, tra l’altro trattata in modo brillante, dell’intellighenzia russa. I contributi relativi all’universo italiano – da Petrarca («il primo intellettuale europeo») a Vittorini, passando per il «laboratorio della Controriforma» (dove si scopre una vera cultura del segreto e del doppio linguaggio i cui effetti perdurano fino ad oggi), l’Illuminismo e la coppia Croce/Gentile, il fascismo, l’antifascismo e gli intellettuali cattolici – sono di grande interesse soprattutto per il pubblico non italofono. Per i motivi citati in precedenza, la cosa non sorprende. Rimane tuttavia qualche insoddisfazione dovuta a una certa ambiguità dell’oggetto stesso. Nonostante l’insegnamento di Gramsci e il piglio postmoderno alla moda, l’intellectual history praticata dalla maggioranza degli autori mal si distingue dalla classica storia delle idee. Da qui l’impressione di aver letto una serie di monografie di ottima qualità che però mettono il carro innanzi ai buoi, per non aver chiarito se la «categoria» di cui ci si dice tutto – passato, presente e futuro – sia veramente universale. Ci sono motivi per dubitarne.

* Recensione apparsa in «Mil neuf cent. Revue d’histoire intellectuelle» (n. 29, 2011), pubblicata dalla Société d’études soréliennes, Parigi. Traduzione dal francese di Marco Marcacci.

Citation:
Daniel Lindenberg: Compte rendu de: Intellettuali. Storia preistoria e destino di una categoria, a cura di Angelo d’Orsi e Francesca Chiarotto, Torino, Aragno, 2010. Première publication dans: Archivio Storico Ticinese, Nr. 150, 2011, p. 323-324.

Redaktion
Veröffentlicht am
24.07.2012
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Die Rezension ist hervorgegangen aus der Kooperation mit infoclio.ch (Redaktionelle Betreuung: Eliane Kurmann und Philippe Rogger). http://www.infoclio.ch/
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